Con la recentissima sentenza n. 11087 del 22 marzo 2022, la Corte di Cassazione ha affermato che in assenza di deleghe ad alcuno dei componenti del Consiglio di Amministrazione di una società deve ritenersi gravante su tutti i consiglieri la responsabilità solidale per gli illeciti deliberati o posti essere dal consiglio di amministrazione, da riferirsi solidalmente a ciascuno di essi. caso aveva ad oggetto il sequestro preventivo disposto nei confronti di un membro del Consiglio di Amministrazione di una società per azioni, indagato in concorso con altri soggetti, per il reato di cui all’articolo 2 D. Lgs. n. 74/ 2000 (registrazione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti).
La difesa del ricorrente aveva, dapprima, impugnato avanti il Tribunale del riesame l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto il sequestro, poi, era ricorsa in Cassazione, evidenziando come il reato fosse contestato ad un amministratore privo di deleghe, solo sulla base della carica di consigliere da lui ricoperta e senza quindi che vi fossero elementi in ordine alla conoscenza o conoscibilità da parte sua del reato commesso da altri.
Nel ricorso veniva invece valorizzato come la riforma dell’articolo 2392 c.c. avesse eliminato in capo ai componenti senza deleghe del Consiglio di Amministrazione un generale obbligo di vigilanza sull’andamento della gestione, e ciò proprio al fine di evitare forme di responsabilità oggettiva.
Sebbene la Corte di Cassazione abbia ritenuto tale ricostruzione priva di pregio, il caso le ha permesso di offrire alcuni spunti in materia di responsabilità dei componenti del Consiglio di Amministrazione.
L’analisi si snoda dall’attuale assetto normativo e dalla distinzione tra le ipotesi in cui il Consiglio di Amministrazione operi con deleghe ovvero senza.
Partendo proprio dalla norma citata dalla difesa, la Corte ha quindi ricordato che l’articolo 2392 c.c. regola la posizione di garanzia degli amministratori all’interno delle S.p.A., disponendo che questi sono “solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge o dallo statuto, a meno che non si tratti di attribuzioni proprie o del comitato esecutivo o attribuite in concreto ad uno o più di essi, così come ribadisce specificamente per il consiglio di amministrazione l’articolo 2381 c.c., comma 2”.Perciò, qualora l’atto non rientri nelle attribuzioni delegate al comitato esecutivo o taluno dei consiglieri che ne sono parte, tutti i componenti del consiglio di amministrazione rispondono degli illeciti deliberati dal Consiglio di Amministrazione anche se non decisi o compiuti da tutti i suoi componenti.
Salvo ovviamente, viene precisato, “il meccanismo di esonero contemplato dall’articolo 2392 c.c., comma 3 che prevede l’esternazione e l’annotazione dell’opinione in contrasto da parte del consigliere dissenziente nonché immune da colpa”.
Diversamente, prosegue la Corte, quando siano state attribuite specifiche materie ad uno o più amministratori, gli illeciti compiuti investono esclusivamente la responsabilità dei consiglieri ad esse delegati.
In tale seconda ipotesi, tuttavia, i consiglieri esenti da delega potrebbero comunque essere ritenuti responsabili, ma questa volta, non per la posizione di garanzia sancita dall’art. 2392, comma 1 c.c., “bensì per effetto della violazione dolosa o colposa del dovere di informazione che grava sui singoli amministratori”.
L’art. 2381 c.c. stabilisce, infatti, che sui componenti del Consiglio di Amministrazione grava l’obbligo di agire informati in ordine all’andamento della gestione sociale, imponendo, in presenza di segnali di allarme, l’onere di attivarsi per assumere ulteriori informazioni rispetto a quelle fornitegli dagli organi delegati e di fare quanto nelle loro possibilità per impedire il compimento dell’atto pregiudizievole o eliderne le conseguenze dannose.
Perciò, rispondendo alla doglianza difensiva, la Corte precisa che “non vi e’ dubbio che la riforma del 2003 abbia alleggerito gli oneri e le responsabilità degli amministratori privi di deleghe, responsabili verso la società nei limiti delle attribuzioni proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa, rimuovendo il generale obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione (gia’ contemplato dall’articolo 2392 c.c., comma 2) e sostituendolo con l’onere di agire informato, atteso il dovere nell’ottica di una gestione informata di assumere informazioni sancito dall’articolo 2381 c.c., u.c., accompagnato dal potere di richiedere ulteriori informazioni (cfr. Cass. civ., Sez. U, sentenza n. 20933 del 30/09/2009, Rv. 610513), ma trattasi di disposizioni applicabili in presenza di materie delegate o al comitato esecutivo o ad uno o più consiglieri”.
Per tali ragioni, la pronuncia in commento conclude per l’applicabilità di tali principi anche nel caso sottoposto alla sua attenzione e viene così confermato il sequestro preventivo disposto.
Sull’indagato, viene infatti individuata una posizione di garanzia ex art. 2392 c.c. “proprio perché, investito al pari di ogni altro componente del Consiglio di Amministrazione dei compiti di amministrazione diretta, aveva uno specifico obbligo di vigilanza, quand’anche di fatto le determinazioni sugli obblighi tributari non fossero state da costui direttamente assunte”.
In conclusione, sulla base del combinato disposto degli articoli 2381, 2392 e 2476 del codice civile, alla luce della citata sentenza, è riaffermato con estrema chiarezza il principio secondo il quale l’amministratore senza deleghe:
- da un lato ha il dovere di richiedere e acquisire informazioni in sede consiliare sulla gestione delle attività aziendali, e
- d’altro lato, avendo acquisito informazioni e quindi conoscenza di un possibile evento illecito deliberato dal Consiglio di Amministrazione, ha il dovere di esprimere dissenso e attivarsi per impedire il compimento dell’illecito.
Se non lo fa, l’amministratore senza deleghe è responsabile anche penalmente per concorso nel reato commesso a seguito di delibera del Consiglio di Amministrazione.