Con la sentenza n. 16302 del 28.4.2022 la Corte di Cassazione si è pronunciata per la prima volta sul tema della responsabilità dell’ente derivante dai reati tributari che, come noto, sono stati inseriti tra i reati presupposto della “responsabilità 231” con il D. Lgs. n. 124 del 2019.
In particolare ha confermato la legittimità e correttezza del sequestro preventivo di 20 milioni di Euro disposto nei confronti di una Società di logistica (leader del mercato interno e internazionale del settore).
Nel caso in esame, la Società ricorreva in Cassazione avverso il decreto di sequestro preventivo applicato in via d’urgenza dal Pubblico Ministero, convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano, e poi confermato dal Tribunale del Riesame di Milano, in relazione al delitto di cui all’art. 2 D. Lgs. n. 74 del 2000, per aver presentato una dichiarazione IVA fraudolenta a seguito dell’utilizzo di fatture relative a operazioni ritenute soggettivamente inesistenti.
L’indagine era partita dall’Agenzia delle Entrate che aveva riscontrato l’evasione dell’IVA, per omesso versamento dell’imposta dichiarata, da parte di numerose Cooperative e Consorzi di lavoratori che si occupavano di fornire la forza lavoro alla Società di logistica.
Quest’ultima, si era accertato, non assumeva i lavoratori di cui necessitava ma, dopo essersi aggiudicata le commesse da parte dei principali attori economici nazionali, utilizzava la forza lavoro fornita proprio da Cooperative e Consorzi, attraverso la stipulazione di contratti che avevano la forma giuridica dell’appalto.
Emergeva poi che i Consorzi, a propria volta, non avevano assunto i lavoratori ed erano privi dei mezzi necessari ad erogare direttamente la prestazione alla Società di logistica che invece veniva resa solo dalle cooperative finali (tramite un contratto di subappalto).
I Consorzi pertanto si limitavano a “filtrare” il rapporto tra la Società di logistica (che invero esercitava, attraverso direttive ai Consorzi, funzioni proprie del datore di lavoro) e le Cooperative di lavoratori, evitando il coinvolgimento della prima sia in problematiche di gestione della forza lavoro, sia nelle plurime criticità (di natura sindacale, fiscale, previdenziale, amministrativa, sino a comprendere i rischi penali) correlate alle modalità concrete di articolazione del rapporto con i lavoratori.
Secondo l’accusa, ciò garantiva alla Società di logistica tre vantaggi:
- i fornitori della manodopera (Consorzi e Cooperative), omettendo il versamento delle imposte e/o dei contributi previdenziali, potevano garantire alla Società di logistica l’applicazione di tariffe della forza lavoro fuori mercato;
- la possibilità per la Società di logistica di ricorrere alla forza lavoro con vantaggi in tema di flessibilità di gestione e di costi, che l’assunzione diretta dei lavoratori non avrebbe consentito;
- utilizzare le fatture emesse dal Consorzio ai fini IVA anche se relative ad operazioni inesistenti, consentendo alla Società di logistica di realizzare una evasione dell’IVA.
Tale meccanismo permetteva alla Società di logistica di mascherare una somministrazione di manodopera contra legem, instaurando invece, ma attraverso l’elusione delle norme imperative in materia giuslavoristica, un rapporto in tutto assimilabile a quello di lavoro dipendente.
Al contempo la Società beneficiava della detrazione dei costi e dell’IVA indicati nelle fatture ricevute dalla consorziate, nonostante le prestazioni sottostanti fossero da qualificare come oggettivamente inesistenti.La pronuncia risulta interessante, oltre alla vicenda emersa, soprattutto perché, com’è stato attentamente rilevato da un’illustre giurista1, l’assenza nella decisione in commento di ogni riferimento al giudizio sull’assetto organizzativo dell’azienda “conferma una previsione che era già stata formulata al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 2019, ovvero che essendo gli illeciti fiscali indiscutibilmente frutto di una scelta della dirigenza aziendale ed espressione di una politica d’impresa, rispetto alla prevenzione degli stessi nullo o scarso rilievo avrà la predisposizione di un modello organizzativo, posto che il delitto viene intenzionalmente realizzato da chi quel modello aveva predisposto (evidentemente senza intenzione di prestarvi alcuna osservanza)”.
In altre parole, da questa prima sentenza, sembra ricavarsi che dalla commissione di reati tributari discenda un’automatica responsabilità dell’Ente e ciò a prescindere da un’effettiva cattiva organizzazione interna allo stesso.
Inoltre, la vicenda conferma come la sanzione prevista per l’Ente rispetto a tali reati sia particolarmente incisiva, posto che accanto alla sanzione pecuniaria (già di per sé potenzialmente significativa, fino a 500 quote) è prevista anche l’applicazione di sanzioni interdittive (tra cui il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi e il divieto di pubblicizzare beni o servizi).
A ciò si deve aggiungere che in caso di condanna dell’Ente viene altresì disposta la confisca del profitto ricavato dall’omesso pagamento delle imposte, che coincide con l’ammontare dell’intera imposta evasa. Ciò comporta che già in fase di indagine – “quando cioè la responsabilità dell’ente è tutta da verificare e soprattutto è ancora incerta la determinazione dell’imposta evasa – la società può vedersi sottratta una parte rilevante del proprio patrimonio sulla base di presunzioni e indizi la cui fondatezza è ancora tutta da verificare”, mediante un provvedimento cautelare, come il sequestro.
1 LA PRIMA SENTENZA RIGUARDANTE LA RESPONSABILITÀ DELL’ENTE PER REATI TRIBUTARI – di Ciro Santoriello, Sostituto
Procuratore presso il Tribunale di Torino, su Rivista231.
E’ chiaro che si tratta di provvedimenti che possono “mettere in ginocchio” la Società, precludendo ogni possibilità di prosecuzione dell’attività per sopravvenuta mancanza della liquidità.
Per tale ragione i vertici degli Enti devono prestare la massima attenzione alla prevenzione dei reati tributari di cui al D.Lgs. n. 74.